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Come siamo arrivati fin qui: breve storia delle auto elettriche

Come siamo arrivati fin qui: breve storia delle auto elettriche


La storia delle auto elettriche è davvero particolare: a differenza di molte altre tecnologie, il percorso delle vetture a batteria ha avuto uno sviluppo pieno di alti e bassi e di colpi di scena. Pur essendoci diverse tesi sulla data in cui nacque la prima auto elettrica, in molti sostengono che le prime auto elettriche su piccola scala furono sviluppate tra il 1828 e il 1832.

14 maggio 2024

I primi esperimenti

Tanti studiosi sostengono che il primo veicolo elettrico fu stato esposto a una conferenza di settore nel 1835 da un inventore britannico di nome Robert Anderson. Il veicolo di Robert Anderson utilizzava una batteria usa e getta alimentata a petrolio. Più o meno nello stesso periodo lo scienziato ungherese Ányos Jedlik e il professore olandese Sibrandus Stratingh inventarono altri due modelli di veicoli elettrici. Dall’altra parte dell’Atlantico, Thomas Davenport, un fabbro americano, progettava i componenti integrali del motore elettrico, che risultarono fondamentali negli anni a venire.

I mezzi dell’epoca erano però tutti poco più che prototipi di auto elettrificate, che viaggiavano a una velocità massima di 12 km/h, con uno sterzo ingombrante e poca autonomia. Negli anni ’60 dell’Ottocento, un fisico francese di nome Gaston Plante inventò la prima batteria ricaricabile al piombo, che rappresentò una svolta per la mobilità elettrica.
 

I tentativi di William Morrison

Fu solo alla fine del 1880 che il pioniere della mobilità elettrica William Morrison unì molte tecnologie brevettate sino a quel momento per creare un veicolo elettrico più pratico. Il veicolo di Morrison era una tradizionale carrozza “Surrey” trainata da cavalli – popolare nell’America del 19° secolo – che fu trasformata per permettere l’installazione di una batteria.

La carrozza elettrica di Morrison poteva trasportare un massimo di 12 persone e aveva una velocità massima di 20 miglia orarie (32 km/h). Dopo il debutto del vagone elettrificato di Morrison, alcuni produttori statunitensi iniziarono a cimentarsi nella produzione di veicoli simili, rendendoli sempre più popolari nelle aree urbane.
 

Il crollo dei mezzi a vapore

Nel 1900, il 38% di tutte le automobili circolanti negli Stati Uniti era alimentato da elettricità, il 40% da vapore e solo il 22% da benzina. Tuttavia, i motori a vapore caddero velocemente in disgrazia perché avevano costantemente bisogno di essere riempiti d’acqua, possedevano un’autonomia limitata e richiedevano un lungo tempo di avvio (fino a 45 minuti).

I veicoli elettrici erano facili da guidare e risultavano eccellenti per brevi viaggi di andata e ritorno nelle città. Le auto a benzina cominciarono però a ritagliarsi una crescente fetta di mercato, limitata sino a quel momento da alcuni difetti come il cambio manuale, il difficoltoso avvio del motore (necessitava di una manovella) e il forte rumore emanato.

In poco tempo la situazione cambiò: l’espansione su larga scala delle auto elettriche negli Stati Uniti fu limitata dalla mancanza di elettricità nelle zone rurali, dal costo basso della benzina e dal costo minore delle vetture a combustione. Anche le batterie cominciarono ad essere un limite. Erano pesanti e richiedevano un processo di ricarica complicato e lungo, basato su generatori fissi. Il cambio di passo definitivo ci fu quando Charles F. Kettering riuscì a brevettare un motorino di avviamento elettrico per auto a benzina che eliminò la fastidiosa manovella.
 

Il boom delle auto a benzina

Nel 1935, i veicoli elettrici erano quasi scomparsi. Benzina economica e continui miglioramenti al motore a combustione interna ostacolarono la domanda di veicoli a carburante alternativo e cementarono il predominio dei veicoli a benzina, lasciando decadere il veicolo elettrico per quasi 40 anni.Negli anni ’70, cominciò a rinascere un po’ di interesse verso le auto elettriche, complice l’aumento dei prezzi del carburante. Ad esempio, la General Motors sviluppò un prototipo di veicolo elettrico urbano e persino la NASA fece degli esperimenti.

I veicoli elettrici presentavano, però, ancora diversi inconvenienti rispetto alle auto a benzina, come l’autonomia limitata, le basse velocità massime e lo scarso interesse dei consumatori. La mancanza di interesse pubblico non scoraggiò scienziati e ingegneri dallo sperimentare. Nel corso dei successivi 20 anni, le case automobilistiche cercarono di dare alla luce modelli dall’autonomia e dalle prestazioni soddisfacenti.

La rinascita delle auto elettriche

Una delle svolte più importanti fu l’introduzione della Toyota Prius, lanciata in Giappone nel 1997 (successivamente venduta in tutto il mondo) e divenuta il primo veicolo elettrico ibrido prodotto in scala. Nel 2003 due imprenditori di nome Martin Eberhard e Marc Tarpenning fondarono la Tesla Motors. Tre anni dopo, nel 2006, la società della Silicon Valley annunciò che avrebbe iniziato a produrre un’auto sportiva elettrica in grado di viaggiare per più di 320 km con una sola carica.

Il successo che tutti conosciamo di Tesla incoraggiò molte grandi case automobilistiche ad accelerare il lavoro sui propri veicoli elettrici. Allo stesso tempo, sono entrate nel mercato nuove tecnologie per le batterie che hanno contribuito a migliorare l’autonomia e ridurre i costi delle batterie per i veicoli elettrici. L’interesse è cresciuto sempre più nel tempo, raggiungendo il numero di due milioni di veicoli elettrici in circolazione a fine 2016: numero giunto a 16 milioni alla fine del 2021.
 

I giorni nostri

Il passato recente è sotto gli occhi di tutti: sempre più case automobilistiche hanno iniziato a produrre auto elettriche, la tecnologia migliora di anno in anno e sempre più mezzi di trasporto – urbani e non – cominciano ad avere il loro alter ego elettrico. Aziende come Plenitude e la sua controllata Be Charge sono parte di questo viaggio grazie a una rete di ricarica in perenne crescita che ad oggi conta più di 20mila punti di ricarica installati in Europa e oltre 300 mila punti utilizzabili dall’app. 

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